Un regno ormai passato
Sono arrivato finalmente!!! Questa è stata l’ultima tappa da Tscharang a Lo Manthang Fatica? Certo non è stata una passeggiata, ma diciamo che c’è stato di peggio. Oggi ho camminato per 14 Km sul “borotalco” tanto la polvere era fine e impalpabile.
Arrivi all’ennesimo passo e la vedi giù, in fondo, l’antica capitale dell’antico Regno di Lo: Lo Manthang. Un villaggio con meno di 2000 abitanti, sperduto nel mare delle montagne, che vive ormai nel passato, un regno ormai inesistente e con un re ormai, purtroppo, deceduto. Tutto ormai parla del passato: almeno il deposto re era un punto di riferimento per la popolazione. Ora è il regno di qualche negozio che vende improbabili cimeli artistici di un tempo di gloria. Non c’è nulla se non anziani in attesa che anche per loro arrivi il “vento”. Donne in continua preghiera sulle soglie di casa, che trovano ancora qualcosa da raccontarsi. Giri per le viuzze dove incontri deiezioni in ogni dove, attraversando le quali senti il muggire degli animali nelle stalle e il chicchirichì dei galli nei pollai, ma dove senti anche il risuonare dei tamburi che accompagnano le preghiere della sera e del mattino.
La precarietà
Qui tutto è precario. Le case, lungo i vicoli della città vecchia, sono appoggiate le une alle altre, tutte bianche con piccole finestre colorate. È tutto piccolo, angusto, buio e sporco. Ci fosse una casa con i muri perpendicolari al terreno o con una finestra con i lati tra di loro paralleli! Tra le case scorre veloce un rigagnolo sul quale le donne s’inginocchiano per lavare i piatti o fare il bucato. Gopal mi racconta che 20-30 anni fa qui la vita era completamente diversa. Oggi, molti dei già pochi abitanti fanno la stagione come i nostri rifugisti, per scendere a Jomsom o a Pokhara durante i rigidi inverni. Molti proprietari dei negozi che oggi sono chiusi sono oltre confine, in Cina, per affari. Ormai il paese è privo di giovani e, quindi, di futuro. Gli unici giovani che incontri sono attorno ad un pick-up con l’intento di aggiustare una ruota.
I colori dei templi
Lo Manthang è stata una delusione? Non direi proprio. Il paese non è poi tanto diverso dagli altri incontrati. È solo la parola “capitale” che t’illude. Di bello c’è il poderoso gompa di color rosso e gli innumerevoli templi sparsi lungo le viuzze del villaggio. Guardando questi luoghi dedicati al culto non puoi non paragonarli ai nostri. Aprendo le porte del tempio è come se aprissi la tavolozza dei colori. Il tempio è sì qualcosa che ti porta al rispetto, ma ti porta anche ad una predisposizione d’animo diversa, più serena e sciolta. I nostri luoghi di culto, tranne le ovvie eccezioni, sono per lo più austeri, grigi, incutono una certa soggezione nella loro grandiosità. Qui sono luoghi, mi dice Gopal, dove la gente si raduna per festeggiare. La Chiesa, nel mio modo di sentire, la vedo come luogo da frequentare per rispondere ad un comandamento, una cosa purtroppo completamente diversa, dove alla gioia si contrappone un obbligo.
Difficile trovare qualcosa di autentico
Purtroppo la trascuratezza è evidente come, mi racconta la guida, la depredazione costante, da parte dei collezionisti, dei beni rimasti nei templi. Corruzione e miseria aprono la strada a questi traffici che impoveriscono sempre di più il patrimonio culturale di queste zone.
È ormai raro trovare nei monasteri qualcosa di veramente autentico. Le uniche cose autentiche rimaste sono forse i dipinti alle pareti, anche loro comunque in uno stato di vero degrado. Il resto sono copie di originali andati a rinfoltire le collezioni di qualche magnate in giro per il mondo. Il mercato nero è molto fiorente, alimentato anche dalla complicità di che dovrebbe controllare.
In conclusione
Lo Manthang è l’ultima tappa del mio trek nel Mustang. Ho camminato per 6 giorni e 74 chilometri vedendo un mondo molto lontano dal mio. Come avete letto, le riflessioni non sono mancate e nemmeno gli spunti per capire genti e situazioni diverse. Il viaggio mi è servito non solo a mettermi alla prova fisicamente ma anche a guardarmi un po’ dentro mentre coprivo le distanze tra i vari villaggi.
Alla fine posso dire che il ricordo del viaggio forse sbiadirà con il tempo, ma certamente farò in maniera di non perdere le idee e gli spunti che questa esperienza mi ha lasciato nel cuore.