In questa galleria troverete una serie di scatti da me fatti durante il trekking nel Mustang. Le fotografie partono da Kathmandu e arrivano fino alla capitale del Mustang: Lo Manthang per giungere successivamente alla destinazione finale Kathmandu passando per la suggestiva Pokhara. In questa sezione troverete le foto scattate lungo la tratta Ghami – Tscharang.
Fotografie e geolocalizzazione
Molte fotografie sono geolocalizzate con i riferimenti di latitudine e longitudine. Ingrandendole, usando il tasto del mouse, potete, in calce alla fotografia, vedere attraverso Google Maps, dove la fotografia è stata scattata.
Oggi la penultima tappa da Ghami a Tscharang; Gopal sta cercando una soluzione per farmi arrivare alla meta senza troppa fatica ma non si trova. L’ultima jeep era promessa ad una comitiva partita prima di noi. Dai, non perdiamoci d’animo e partiamo, né con il cavallo né con la jeep ma con le nostre gambe. Gopal è davanti, Balman dietro. Il passo di Gopal oggi è più lento, forse ha capito che ci separano più di vent’anni e a 3.500 metri si sentono tutti. Saliamo passo dopo passo e alla fine ci siamo. Sono arrivato all’ennesimo passo di questo bellissimo trek. Ce l’ho fatta senza cavallo e senza vettura e ne sono orgoglioso. Ormai voglio arrivare a Lo Manthang solo esclusivamente con le mie gambe. Se questo itinerario mi deve insegnare qualcosa, è quella di avere più fiducia in me stesso e nelle mie capacità. Gopal alla fine ha creduto più in me di quanto non abbia fatto io. Con calma e pazienza ci siamo riusciti. Ora che sono all’ultima tappa prima del mio arrivo a Lo Manthang, mi sembra tutto più facile e possibile.
Indù o Buddista: non centra
Qui a Tscharang ho visitato un monastero proprio bello. Sono accompagnato nella visita da un monaco. Certo che capire qualcosa di questa religione è proprio un’impresa. Qui la religione è proprio parte integrante e pregnante della vita di chiunque, sia essa induista o buddista. La cosa genuina è che non ne fanno un mistero, anzi per loro è quasi un vanto. Diversità abissale se rapportato al nostro senso religioso. Noi abbiamo quasi vergogna di parlare del nostro rapporto con la religione e con il nostro Dio. Qui passando davanti ad un tempio s’inchinano, sia esso indù o buddista.
Dubbiosi e fragili
Da noi, anni addietro, si faceva il segno della croce passando davanti ad una chiesa. Ora non più! Vergogna, distacco, menefreghismo, disattenzione, non lo so visto che anch’io sono tra queste persone; e forse per me è una forma di vergogna a mostrarmi in pubblico per quello che sono dentro, come se, così facendo, fossi vittima di una sorta di umana debolezza. In una società egocentrica dove tutto posso fare, dove tutto posso raggiungere e dove la forza del singolo vince, costi quel che costi, mostrarsi dubbiosi e fragili riconoscendo i propri limiti di fronte ad una entità spirituale quale essa sia, non è premiante. Si dirà che questa è una società agricola ormai da noi scomparsa, ma non mi basta questa spiegazione.
È questione d’intuito
Lungo la strada ormai la fatica svanisce e rimango con i miei pensieri. Ma perché mi ritrovo qui, in Nepal, per la quarta volta? Cosa m’attrae di questo mondo tanto lontano e diverso? Guardo dentro di me e mi vedo sempre puntuale, organizzato, programmatore del mio futuro, con questo bisogno di cercare sempre una definizione chiara e logica, un “punto di gravità permanente”, come dice la canzone di Battiato, “che non mi faccia mai cambiare idea sulle cose e sulla gente”, che mi spieghi tutto in maniera fissa e permanente. Nel contempo vedo questo mondo e, più che capire, intuisco. Forse sono attratto dalla diversità di questa gente, che con il suo fare così “sciolto”, così libero nella semplicità, così profondamente e dignitosamente fragile, mi sta sussurrando che la vita si può cercare di vivere anche senza tanta paura per il futuro, senza il bisogno di una perenne ricerca di sicurezza e di punti fermi e fissi come cerco di crearmi io.
Il senso del trekking
Sono qui in mezzo al nulla e nel silenzio più totale, circondato dal blu e dal giallo dei monti e ancora più forte sento la fragilità di quello che credo essere le mie sicurezze. Il telefonino, l’assicurazione, il denaro. Certo non potrei farne a meno, ma almeno capire che, in mezzo al nulla del silenzio di queste montagne non servono a nulla è importante. Certo non potrei farne a meno ma, capire che il domani nessuno lo può definire con certezza e che quello che cerchi di costruire, molte volte, è vano, è importante. Forse questa è la cifra ed il senso di questo trek.
Il sole è alto e non soffia il vento
Le persone che ho incontrato hanno risposto sempre con il loro Namaste al mio Mandi, non mi hanno mai evitato abbassando lo sguardo verso lo straniero che vedevano in me come, invece, molte volte mi capita di fare quando incontro un “diverso” nella mia città. C’è questa semplicità di relazione, questo contatto quasi immediato, questa apertura che mi meraviglia. Non credo sia ingenuità, perché la miseria che circonda questi paesi non permette ingenuità; anzi! La risposta che si dà questa gente è il riconoscere la propria singola debolezza e ricorrere al gruppo del parentado e all’amicizia reciproca diventa forza per superare la difficoltà del momento. Questa filosofia del bisogno rende tutto più flessibile e possibile. Se questo trek fosse in grado di farmi capire che è impossibile ed illusorio cercare “un punto di gravità permanente” mi avrebbe aiutato a crescere e a capire che si può vivere anche in un altro modo. Sono a Tscharang! Non me ne sono quasi accorto. Il sole è ancora alto e il vento non soffia in maniera impetuosa e le preghiere appese in ogni luogo si muovono dolcemente mettendo una sorta di allegria.
In questa galleria troverete una serie di scatti da me fatti durante il trekking nel Mustang. Le fotografie partono da Kathmandu e arrivano fino alla capitale del Mustang: Lo Manthang per giungere successivamente alla destinazione finale Kathmandu passando per la suggestiva Pokhara. In questa sezione troverete le foto scattate lungo la tratta Sangbochen e Ghami.
Fotografie e geolocalizzazione
Molte fotografie sono geolocalizzate con i riferimenti di latitudine e longitudine. Ingrandendole, usando il tasto del mouse, potete, in calce alla fotografia, vedere attraverso Google Maps, dove la fotografia è stata scattata.
Stupendo! Tra Sangbochen e Ghami i paesaggi per me sono unici. Abbiamo raggiunto il passo più alto del trekking: 4.025 metri, una fatica boia, non tanto per le gambe quanto per il fiato. Finalmente sono arrivato alla sommità. Gopal mi aspetta tranquillo e calmo. Scattiamo alcune foto per ricordo. Mi guardo verso Sud Est: trovo le montagne innevate del massiccio dell’Annapurna, il Tilicho Peak, il Dhaulaghiri e tante tante altre. Montagne immense ed enormi. Quante lotte e storie per conquistarle! Giro lo sguardo verso Nord e in fondo, tra i monti gialli ocra, scorgo Ghami.
Che bello, sembra quasi essere a casa! Il paesino è bello ma con tanti escrementi a seccare in ogni dove. Non ci sono alberi per accendere il fuoco, non c’è gas e nemmeno cherosene per scaldare una stanza, ma tanti escrementi, quelli sì! Incontro tre ragazzine che mi chiedono ovviamente qualcosa a ricompensa della loro disponibilità ad essere fotografate. Hanno le gerle piene di escrementi. Me le ritroverò vicine per tutto il resto della giornata! La zona è famosa per le sue patate ed è piena di piccoli stupa dal colore bianco, nero e ocra. Le case sono tutte bianche e i tetti non hanno tegole, ma al loro posto legni ed arbusti a seccare al sole.
Sono in cucina e osservo mentre si prepara il cibo. Le pentole a pressione fischiano mentre le mani mescolano i pezzi di pollo insieme ad una specie di besciamella gialla come se stessero per essere impanati. Quando l’amalgama risulta perfetta, giù nella padella a friggere e disinfettarsi. La cucina ha la stessa funzione della nostra osteria. Qui tutti si ritrovano, amici e sconosciuti. Dopo cinque minuti sono tutti amici. Tutti discutono animatamente come se tutti si conoscessero da una vita, ma domani ognuno prenderà la propria strada.
Gopal mi mostra la carta: “Domani saremo a Charang”, mi dice, mostrandomi la salita. “Te la senti?” “Beh, anche no” gli rispondo. “Se ci fosse un cavallo o una jeep sarebbe anche meglio. Capisco il trekking, ma se si potesse…”.