I dintorni di Lo Manthang

La valle a est di Lo Manthang comprende Chosar, il sito dei gompa Garphu e di Nyphu, e alcune affascinanti grotte/abitazioni.
In questa valle passa la più importante via commerciale per Lhasa, secondo Tucci “percorsa da secoli da pellegrini e apostoli, banditi e invasori”, come dimostrano le rovine di numerose fortezze disseminate lungo il percorso.

Le grotte abitazioni

Le grotte/abitazioni sono un compendio di circa 10.000 caverne artificiali scavate ai lati delle valli nel distretto di Mustang in Nepal. Diversi gruppi di archeologi e ricercatori hanno esplorato queste grotte e hanno trovato corpi umani e scheletri parzialmente mummificati che hanno almeno 2000-3000 anni. Le esplorazioni di queste grotte da parte degli archeologi hanno anche portato alla scoperta di preziosi dipinti buddisti, sculture, manoscritti e numerosi manufatti appartenenti al XII-XIV secolo. Le grotte si trovano sulle ripide pareti della valle vicino al fiume Kali Gandaki nell’Alto Mustang. I gruppi di ricerca hanno continuato a indagare su queste grotte, ma nessuno ha ancora capito chi ha costruito le grotte e perché sono state costruite. Il sito è attualmente elencato come sito provvisorio dall’UNESCO dal 1996.

I corpi mummificati

A metà degli anni ‘90, gli archeologi del Nepal e dell’Università di Colonia iniziarono a esplorare le grotte e trovarono diverse decine di corpi umani parzialmente mummificati, tutti di almeno 2000 anni.
Nel 2010, un team di alpinisti e archeologi ha scoperto ventisette resti umani in due grotte più grandi vicino a Samdzong. Gli scheletri relativamente intatti, che risalgono dal terzo all’ottavo secolo, prima che il buddhismo arrivasse nel Mustang, avevano dei segni su certe ossa. Gli studiosi ritengono che questo rituale di sepoltura potrebbe essere stato collegato alla pratica bon–buddista della sepoltura celeste (Bon, scritto anche Bön, è una religione tibetana, che si identifica come distinta dal buddhismo tibetano, sebbene condivida gli stessi insegnamenti e terminologia generali).

Un macabro rituale

Ancora oggi, quando muore un cittadino nel Mustang, vige la consuetudine che il suo corpo venga tagliato in piccoli pezzi, ossa incluse, per essere rapidamente rapito dagli avvoltoi.
Nel 2007, esploratori di Stati Uniti, Italia e Nepal hanno scoperto antiche arti decorative buddiste e dipinti, manoscritti e ceramiche nelle grotte vicino a Lo Manthang, risalenti al XIII secolo. Una seconda spedizione nel 2008 ha scoperto diversi scheletri umani di 600 anni fa e ha recuperato risme di preziosi manoscritti, alcuni con piccoli dipinti noti come luminarie, che contengono un mix di scritti del buddhismo e di Bon.

Tratto da: Trekking in Nepal – Lonely Planet

La vita di paese a Lo Manthang

Lo Manthang

Nonostante il suo apparente squallore, la città di Lo Manthang è prospera e conserva un forte senso della comunità. Sebbene la gente del posto si definisca lloba (gente del Lo), in realtà questa popolazione è molto più vicina a quella tibetana e ha una cultura e un’economia sofisticate. Prima che gli scambi con il Tibet fossero interrotti, tutto il commercio del sale e della lana lungo il Kali Gandaki passava per Lo Manthang, e questo portava entrate economiche di un certo rilievo alla città. La ricchezza oggi si misura principalmente in terra, cavalli e posizione sociale.

Dove si abita

Le porte della maggior parte delle case immettono in un cortile centrale aperto a due piani. Il piano terreno è usato come magazzino per il cibo e i finimenti dei cavalli, per immagazzinare il letame da utilizzare come combustibile e per custodire gli attrezzi agricoli. Una scala di legno conduce al primo piano che in genere ha un balcone che si affaccia sul cortile e porte che si aprono sul salotto e la cucina. Una scala a pioli porta invece sul tetto, che è circondato da enormi cataste di rami di ginepro e legna. Il tetto è un’importante parte della casa: viene usato per rilassarsi o per lavorare al sole. Il tetto, nella maggior parte dei casi è decorato con corna di pecora e di yak e, nelle case signorili, con corna di shou (una specie estinta nota anche come cervo di Sikkim) che hanno oltre cento anni.

Le stufe a Lo Manthang

Praticamente ogni casa è dotata di servizi igienici interni al piano superiore che scaricano gli escrementi, mediante una condotta, direttamente in una camera del piano terra. Per coprire i cattivi odori viene sparsa della cenere sui liquami, che vengono in seguito utilizzati come fertilizzante. Le stufe a Lo Manthang hanno una struttura particolare. Si tratta di una struttura a tre braccia con una caldaia di 30 cm di altezza che scoppietta come un vulcano quando è alimentata con sterco di yak ed escrementi di capra. La gente raramente brucia legna del tetto per cucinare; in genere questa serve a ostentare la ricchezza della famiglia e viene usata in particolari occasioni cerimoniali.

La Storia

Una storia antica e complessa

La storia del Mustang è antica, ricca e complessa, tanto che la regione risulta essere una delle più interessanti di tutto il Nepal. Le vicende più remote del Lo sono avvolte nella leggenda, nel mito e nel mistero. Anche se non è ancora stato provato, alcuni studiosi, tra cui l’italiano Giuseppe Tucci, sostengono che le grotte sparse per tutto il Mustang risalgono a migliaia di anni fa. Per secoli il punto di forza del successo economico della regione fu lo scambio transfrontaliero del sale e della lana tibetani. In cambio del grano e delle spezie nepalesi trasportati lungo il Kali Gandaki dagli alti passi del Kore La.

La storia racconta che le prime testimonianze certe di eventi che ebbero luogo nel Lo risalgono all’ottavo secolo. L’Alto Mustang apparteneva un tempo al Ngari (Tibet occidentale), un insieme approssimativo di domini feudali. Gran parte del Ngari, all’incirca l’attuale Nepal occidentale fece parte dell’impero dei Malla.

Si fonda il regno

È opinione diffusa che sia stato Ame Pal (A-ma-dpal in tibetano) a fondare il regno di Lo nel 1380; da lui discende, attraverso, 25 generazioni, la stirpe dell’attuale raja, del Mustang, Jigme Palbar Bista. Ame Pal, o forse suo padre, conquistò una larga parte del territorio dell’alto Kali Gandaki. Fu il promotore dello sviluppo della città di Lo Manthang e di molti gompa (monasteri buddhisti tibetani) sparsi in tutta la regione.

La decadenza

A ovest, l’impero dei Malla subì un processo di decadenza e si frantumò in numerosi piccoli stati collinari. A partire dal XVIII sec., Jumla consolidò e riaffermò il suo potere. Il suo scopo era di trasformare il loro regno in un centro di scambi commerciali. Desiderava impadronirsi delle merci tibetane, i re di Jumla volsero la loro attenzione a est; alla metà del XVIII secolo essi assunsero il controllo del Lo, riscuotendone un tributo annuale.

Le armate di Gorkha, al seguito di Prithvi Narayan Shali, in verità non occuparono mai il Lo; esse invece riconobbero le prerogative del raja del Mustang. Benché il Mustang fosse diventato parte del Nepal, il raja mantenne il proprio titolo e allo stesso modo il Lo conservò una certa autonomia. Intorno al 1850 il raja portò avanti trattative di pace tra il Nepal e la Cina, che gli valsero il cappello cerimoniale con le tre piume donatogli dal Dalai Lama, dall’imperatore del Manchu e dal re del Nepal.

Il Lo rimase un principato indipendente fino al 1951. Dopo la reggenza del Rana, quando il re Tribhuvan ristabilì l’autorità della monarchia Shah in Nepal il 15 febbraio 1951, il Lo venne strettamente unito al Nepal. Al raja fu concesso il grado di colonnello onorario dell’esercito nepalese.

La Cina invade il Tibet

Negli anni 60 dopo la fuga del Dalai Lama in India e l’occupazione da parte dell’esercito cinese del Tibet, il Mustang si trasformò in una base organizzativa per atti di guerriglia contro i cinesi per opera dei khampa, i più terribili guerriglieri tibetani, spalleggiati dalla CIA. Al culmine della lotta almeno 6000 khampa stanziavano nel Mustang e nelle vicine zone di confine. All’inizio degli anni ‘70, quando il segretario di stato americano Kissinger e il presidente Nixon avviarono rapporti migliori con la Cina, la CIA cessò di sostenerli. Il governo del Nepal fu indotto a prendere provvedimenti contro i guerriglieri e, grazie ai contrasti interni alla leadership dei khampa, a un po’ d’astuzia e al messaggio registrato che il Dalai Lama rivolse ai suoi connazionali affinché deponessero le armi, si riuscì a disperdere la resistenza senza far intervenire in campo i 10.000 soldati nepalesi già stanziati nella zona.