La Storia

Una storia antica e complessa

La storia del Mustang è antica, ricca e complessa, tanto che la regione risulta essere una delle più interessanti di tutto il Nepal. Le vicende più remote del Lo sono avvolte nella leggenda, nel mito e nel mistero. Anche se non è ancora stato provato, alcuni studiosi, tra cui l’italiano Giuseppe Tucci, sostengono che le grotte sparse per tutto il Mustang risalgono a migliaia di anni fa. Per secoli il punto di forza del successo economico della regione fu lo scambio transfrontaliero del sale e della lana tibetani. In cambio del grano e delle spezie nepalesi trasportati lungo il Kali Gandaki dagli alti passi del Kore La.

La storia racconta che le prime testimonianze certe di eventi che ebbero luogo nel Lo risalgono all’ottavo secolo. L’Alto Mustang apparteneva un tempo al Ngari (Tibet occidentale), un insieme approssimativo di domini feudali. Gran parte del Ngari, all’incirca l’attuale Nepal occidentale fece parte dell’impero dei Malla.

Si fonda il regno

È opinione diffusa che sia stato Ame Pal (A-ma-dpal in tibetano) a fondare il regno di Lo nel 1380; da lui discende, attraverso, 25 generazioni, la stirpe dell’attuale raja, del Mustang, Jigme Palbar Bista. Ame Pal, o forse suo padre, conquistò una larga parte del territorio dell’alto Kali Gandaki. Fu il promotore dello sviluppo della città di Lo Manthang e di molti gompa (monasteri buddhisti tibetani) sparsi in tutta la regione.

La decadenza

A ovest, l’impero dei Malla subì un processo di decadenza e si frantumò in numerosi piccoli stati collinari. A partire dal XVIII sec., Jumla consolidò e riaffermò il suo potere. Il suo scopo era di trasformare il loro regno in un centro di scambi commerciali. Desiderava impadronirsi delle merci tibetane, i re di Jumla volsero la loro attenzione a est; alla metà del XVIII secolo essi assunsero il controllo del Lo, riscuotendone un tributo annuale.

Le armate di Gorkha, al seguito di Prithvi Narayan Shali, in verità non occuparono mai il Lo; esse invece riconobbero le prerogative del raja del Mustang. Benché il Mustang fosse diventato parte del Nepal, il raja mantenne il proprio titolo e allo stesso modo il Lo conservò una certa autonomia. Intorno al 1850 il raja portò avanti trattative di pace tra il Nepal e la Cina, che gli valsero il cappello cerimoniale con le tre piume donatogli dal Dalai Lama, dall’imperatore del Manchu e dal re del Nepal.

Il Lo rimase un principato indipendente fino al 1951. Dopo la reggenza del Rana, quando il re Tribhuvan ristabilì l’autorità della monarchia Shah in Nepal il 15 febbraio 1951, il Lo venne strettamente unito al Nepal. Al raja fu concesso il grado di colonnello onorario dell’esercito nepalese.

La Cina invade il Tibet

Negli anni 60 dopo la fuga del Dalai Lama in India e l’occupazione da parte dell’esercito cinese del Tibet, il Mustang si trasformò in una base organizzativa per atti di guerriglia contro i cinesi per opera dei khampa, i più terribili guerriglieri tibetani, spalleggiati dalla CIA. Al culmine della lotta almeno 6000 khampa stanziavano nel Mustang e nelle vicine zone di confine. All’inizio degli anni ‘70, quando il segretario di stato americano Kissinger e il presidente Nixon avviarono rapporti migliori con la Cina, la CIA cessò di sostenerli. Il governo del Nepal fu indotto a prendere provvedimenti contro i guerriglieri e, grazie ai contrasti interni alla leadership dei khampa, a un po’ d’astuzia e al messaggio registrato che il Dalai Lama rivolse ai suoi connazionali affinché deponessero le armi, si riuscì a disperdere la resistenza senza far intervenire in campo i 10.000 soldati nepalesi già stanziati nella zona.

Pangboche – Namche Bazar (3.440m.)

08 Novembre 2014 – Sabato

Pangboche – Namche Bazar

Oggi la tappa prevedete la partenza da Pangboche e arrivo a Namche Bazar (3.440m.)

La cerimonia al tempio

Pangboche – Namche Bazar

Oggi è la giornata che sarà dedicata alla cerimonia buddista che si tiene nel Monastero di Tengboche. Come ho già scritto, non capisco nulla del Buddha e me ne dolgo. Non è il massimo compiere un simile viaggio senza una minima infarinatura. Pazienza! Cercherò non tanto di capire la cerimonia ma di viverne l’atmosfera e lo spirito. La prima sensazione, ma che ho consolidato nell’oretta che mi sono fermato al monastero, è che la cerimonia non mi sembra solo una manifestazione della religiosità delle genti della vallata ma anche una rappresentazione teatrale alla quale tutta la gente viene coinvolta.

La danza ritmata

Pangboche – Namche Bazar

Ci sono certamente i monaci, con le loro litanie ritmate dal suono del gong o dai piatti, dal tamburo e da una sorta di lunghissime trombe. Litanie monotone e dal ritmo quasi ossessivo. Terminate, si da corso ad una rappresentazione quasi teatrale. Dalla porta del monastero scendono i monaci con dei costumi dai colori fantastici. Iniziano una danza ritmata fatta di movimenti che richiamano quelli delle arti marziali. I movimenti sono lenti e a scatti. I monaci girano intorno ad una specie di altare per dopo ritornare sui loro passi dopo aver “incensato” l’altare ed aver sparso acqua sulla gente come in una sorta di nostra benedizione.

Anche tea e latte

Pangboche – Namche Bazar

Più la cerimonia prosegue e maggiormente riconosco in essa dei tratti che potrebbero ricondurla ad una nostra messa. L’incenso, la benedizione, per arrivare ad una specie di offertorio, quando un monaco appresta un tavolino pieno zeppo di frutti che poi viene offerto ad un monaco. La gente guarda rilassata e sorridente. Tra una danza e una litania viene offerto ai presenti del tea con latte. Ho l’impressione di un momento religioso vissuto in maniera molto diversa in confronto alle nostre messe.

Festa e comandamento

Pangboche – Namche Bazar

Qui la gente sorride, chiacchiera è molto rilassata, come dicevo, sembra di assistere ad una cerimonia teatrale. La nostra messa mi rimanda a qualcosa di più rigido, strutturato e formale. Qui c’è festa, da noi comandamento. I turisti si accalcano ai bordi della piccola piazzetta interna al monastero con macchine fotografiche e cineprese per immortalare i meravigliosi colori dei costumi ma anche dei copricapo delle donne . Mi viene in mente come, molte volte, ci siano delle compensazioni impressionanti e forse, logiche nelle cose. A vedere i paesaggi, oltre certe altezze, così brulli e monotoni nel colore ti portano ad una sorte di tristezza e mestizia, in compenso vedi i colori dei copricapi delle donne, i colori che adornano i templi, quasi pacchiani e violenti nella loro esuberanza e leggi, in questo, una sorta di ribellione e rivincita di una gente semplice e genuina.

Si ricomincia a camminare

Pangboche – Namche Bazar

Dopo questa esperienza mi viene in mente la possibilità di chiedere a BeBe qualcosa in merito alla religione e sul Buddha, sperando di colmare, almeno in parte, la mia curiosità. Nulla da fare, la risposta della guida è abbastanza emblematica. “Queste cose”, mi dice, “fanno parte della cultura e non sono per me. Chiedimi di sentieri, distanze e montagne ma non queste cose, che non le conosco. Se vuoi sapere qualcosa potresti rivolgerti a Mr Govinda, lui si conosce”. Rimango male da questa risposta. Certo anch’io avrei potuto interessarmi prima della partenza ma questo è un limite proprio, anche della guida a livello professionale. Con questi pensieri proseguiamo il nostro cammino. Comincio veramente ad essere stanco fisicamente.

Sto camminando più piano

Pangboche – Namche Bazar

Non solo della giornata in se stessa ma della somma di tutte le giornate. Ogni salita mi pesa sempre di più. Ogni curva, che continua con una curva, diventa motivo di lamento. Si avvicina Namche, come si avvicina l’imbrunire. Mi accorgo di aver diminuito l’andatura. Per la prima volto mi dico: ancora due giorni. Devo essere onesto, anche a livello psicologico comincio a cedere. È la ripetitività delle cose che pesa. Lo zaino ogni giorno come il borsone, la colazione e il cibo.

Mi mancano ancora due giorni

Pangboche – Namche Bazar

Si proprio il cibo sta diventando una questione pesante. È la sua monotonia che sta diventando terribile. Non sono arrivato alla nausea ma quasi. L’odore, se all’inizio era riconosciuto come piacevole dal mio olfatto, ora sta diventando quasi stomachevole. È indice che sto arrivando al limite. Per fortuna ho ancora due giorni. Con sempre maggiore frequenza penso al bagno dell’albergo Malla a Kathmandu. Sono alla frutta! La strada si snoda lungo un falsopiano interminabile. Ogni curva uno stupa con le sue preghiere. C’è molta gente lungo la strada e anche molte mandrie anche se l’ora è un pò tarda. BeBe mi dice che oggi, sabato, è festivo per i nepalesi e che, a Namche Bazar, ogni sabato si tiene il mercato.