La vita di paese a Lo Manthang

Lo Manthang

Nonostante il suo apparente squallore, la città di Lo Manthang è prospera e conserva un forte senso della comunità. Sebbene la gente del posto si definisca lloba (gente del Lo), in realtà questa popolazione è molto più vicina a quella tibetana e ha una cultura e un’economia sofisticate. Prima che gli scambi con il Tibet fossero interrotti, tutto il commercio del sale e della lana lungo il Kali Gandaki passava per Lo Manthang, e questo portava entrate economiche di un certo rilievo alla città. La ricchezza oggi si misura principalmente in terra, cavalli e posizione sociale.

Dove si abita

Le porte della maggior parte delle case immettono in un cortile centrale aperto a due piani. Il piano terreno è usato come magazzino per il cibo e i finimenti dei cavalli, per immagazzinare il letame da utilizzare come combustibile e per custodire gli attrezzi agricoli. Una scala di legno conduce al primo piano che in genere ha un balcone che si affaccia sul cortile e porte che si aprono sul salotto e la cucina. Una scala a pioli porta invece sul tetto, che è circondato da enormi cataste di rami di ginepro e legna. Il tetto è un’importante parte della casa: viene usato per rilassarsi o per lavorare al sole. Il tetto, nella maggior parte dei casi è decorato con corna di pecora e di yak e, nelle case signorili, con corna di shou (una specie estinta nota anche come cervo di Sikkim) che hanno oltre cento anni.

Le stufe a Lo Manthang

Praticamente ogni casa è dotata di servizi igienici interni al piano superiore che scaricano gli escrementi, mediante una condotta, direttamente in una camera del piano terra. Per coprire i cattivi odori viene sparsa della cenere sui liquami, che vengono in seguito utilizzati come fertilizzante. Le stufe a Lo Manthang hanno una struttura particolare. Si tratta di una struttura a tre braccia con una caldaia di 30 cm di altezza che scoppietta come un vulcano quando è alimentata con sterco di yak ed escrementi di capra. La gente raramente brucia legna del tetto per cucinare; in genere questa serve a ostentare la ricchezza della famiglia e viene usata in particolari occasioni cerimoniali.

Popolazione e Cultura

La popolazione del “Lo”

I 7000 abitanti dell’alto Mustang chiamano loro stessi Loba. A voler essere più precisi la parola dovrebbe pronunciarsi “lopa” che significa “gente del Lo”, così come sherpa sta per “gente dell’est” e Khampa “gente del Kham”.
La popolazione del Lo, forse a causa della dialettica locale, pronuncia la parola sostituendo il suono della “p”, usato dagli sherpa e khampa, con quello della “b”. Rispetteremo l’uso locale adottando la forma”loba” benché ciò contrasti con la maggior parte dei testi di antropologia.

La cinta muraria e il palazzo

In questa zona, per la costruzione di case e templi viene impiegata la terra battuta oppure mattoni di fango asciugati al sole su fondamenta di pietra. Con questo metodo sono state realizzate straordinarie opere d’architettura, come la cinta muraria e il palazzo di cinque piani di Lo Manthang. Si dice che un tempo il Lo fosse coperto da vaste foreste, ma ora il legname per l’edilizia proviene totalmente da Jomsom oppure viene ricavato dai pioppi coltivati con cura in ogni villaggio.

L’agricoltura è la base

Negli anni ‘90 del XX secolo la maggior parte del legno, compreso quello utilizzato per la ristrutturazione del gompa di Thubchen, fu importato dal Tibet. È degna di nota la notizia che le fondamenta di numerosi edifici sono costituite da massi tondeggianti e ciottoli, un’ulteriore indicazione che una volta il Mustang era sommerso dalle acque.
La popolazione raduna in mandrie gli yak e alleva capre e pecore. La principale fonte di sussistenza deriva dall’agricoltura e la maggior parte delle famiglie coltiva campi di grano saraceno, orzo, frumento e senape.

La stagione della semina

Le rigide condizioni climatiche permettono la coltivazione di un solo raccolto l’anno ad eccezione dei villaggi al di sotto di Chhuksang dove è possibile ottenere due raccolti.
La stagione della semina è in aprile e maggio, e durante il mese di settembre l’intera regione è occupata nella raccolta.
Molti residenti lasciano il Mustang tra novembre e marzo per andare a vendere maglioni di lana nel Nepal meridionale o in India, o per cercare un lavoro a Kathmandu. In generale la popolazione del Mustang è in calo.

Fonte: Lonely Planet

La Geografia

Controversie con la Cina

Il Mustang è stato descritto come un’appendice a forma di pollice che si protende dal Nepal all’interno del Tibet. Tuttavia esso appare come una piccola protuberanza lungo il confine settentrionale del Nepal; ciò non è dovuto a una descrizione imprecisa da parte dei primi visitatori: il fatto è che è cambiata la carta politica della regione. Nel 1960 ci fu una controversia tra Nepal e Cina sull’appartenenza dell’Everest che portò a una serie di negoziati e al trattato sulla frontiera sino nepalese dal 1963, in base alla quale venne del tutto ridisegnata la geografia della frontiera del Nepal. Il paese guadagnò una notevole fetta di territori a est e a ovest dei vecchi confini del Mustang così che la sua propaggine all’interno del Tibet divenne sempre meno pronunciata. A complicare la situazione, gran parte delle carte geografiche vennero aggiornate solo intorno al 1985.

Paesaggi desolati

Il trekking che raggiunge il Lo attraversa un paesaggio desolato e privo di vegetazione; nel pomeriggio la regione è abitualmente spazzata da forti venti che generalmente calano di notte. Poiché l’Himalaya protegge con la sua mole la regione dalla pioggia, nel Lo piove molto meno che nel resto del Nepal. Durante il monsone il cielo è nuvoloso e si ha qualche debole precipitazione; in inverno si registrano nevicate che a volte raggiungono i 40 cm di neve.

Nello stesso Lo la campagna è simile a quella dell’altopiano del Tibet, con le sue distese di colline gialle e verdi, modellate dal vento. La zona meridionale dell’Alto Mustang è più soggetta alle piogge e i suoi rilievi consistono per lo più in grandi dirupi incavati di colore rosso, formati da conglomerati di minuscole pietre sferiche tenute insieme dal fango. Diverse ore di cammino separano i villaggi, che appaiono quasi come dei miraggi all’orizzonte; durante l’estate, dopo la semina, il loro aspetto è quello di oasi verdi in mezzo al deserto.